Gli effetti disorsivi dei media

Apologia della piccola impresa
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Il concetto di piccola impresa
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Esistono delle persone che non riescono a determinare quale differenza esista tra il livello locale e quello nazionale o mondiale. Per questi il “ricco del paese” dove essi vivono, quello magari invidiato perché ha la macchina più bella o una bella casa o la cui moglie ha la pelliccia, vive ed agisce sullo stesso piano di un multimiliardario dell’informatica. Questo ovviamente perché sembra che i soldi siano sempre gli stessi; o perlomeno sembra che gli effetti dell’essere “ricchi” siano gli stessi.
Sono d’accordo sul fatto che dopo una certa cifra tutti i “ricchi” sono uguali, ma vogliamo mettere il farmacista di un paesino di tremila anime con un industriale che esporta i suoi prodotti in tutto il mondo?
Certo è pure vero che a suon di debiti il secondo possa essere meno ricco del primo, ma come norma vuole sarà l’industriale a beneficiare di una diversa considerazione, se non altro ad una richiesta di prestito in banca per un nuovo investimento, tanto per dirne una.
E’ ovvio che l’esempio che ho appena fatto è una esagerazione rispetto alla realtà, però sicuramente tende a chiarire quello che è il concetto, ossia il fatto che si tende di norma a generalizzare la ricchezza.
Alle volte capita anche l’effetto contrario, quello che si ottiene riprendendo l’esempio dell’industriale, questa volta però con un sacco di debiti.
In questo caso entra in gioco l’effetto distorsivo che possono avere i media sulla considerazione generale che il pubblico ha di questa persona piuttosto che di un’altra.
Magari vediamo una fotografia su un giornale scandalistico dell’ultima festa alla quale questo industriale ha partecipato, con ballerine, soubrettes, personaggi del mondo dello spettacolo eccetera eccetera, e chissà quanti miliardi immaginiamo che possa avere.
E’ possibile poi che quella stessa persona la vediamo il giorno dopo per telegiornale e scopriamo che era sommerso dai debiti.
Non che manchino i casi eclatanti: molte grandi aziende sono fallite o sono sull’orlo del fallimento. Prendiamo ad esempio il caso della Suisse Air.
Tutti noi credevamo che quest’ultima fosse una consolidatissima compagnia aerea, fortissima e competitiva sul mercato, sicuramente in attivo e tante altre meraviglie. Però, non appena il mercato dei voli aerei ha avuto una flessione (conseguente agli attentati terroristici dell’11 settembre 2001), questi signori non hanno avuto nemmeno più i soldi per comprare il carburante.
C’è da dire che qui non stiamo parlando di mesi o anni – in tal caso un problema del genere sarebbe stato più che legittimo – ma di giorni: da un giorno all’altro, infatti, abbiamo scoperto che la Suisse Air aveva oltre dieci miliardi di euro di debiti con varie banche che, visto come si preparava il mercato, non hanno voluto rinnovare il credito.

(tratto dal libro “Economia etica ed elementi di imprenditoria pratica”, Amedeo Pesce, 2007) Acquista su Amazon