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Anche nel fare pubblicità bisogna tener conto di molti e molti problemi.
Innanzitutto c’è da dire che la pubblicità più pericolosa è quella che viene mandata in onda sulla televisione nazionale. Questo perché questo tipo di messaggio è quello più diretto, che raggiunge il maggior numero di persone e che fa la maggiore presa.
Le persone tendono ad emulare ciò che vedono in tv: vogliono imitarne i personaggi, sia nei comportamenti, nelle parole, sia nei fatti della vita, anche nei più semplici.
A questo punto anche la pubblicità ingenera in chi la guarda dei sentimenti di emulazione, di approvazione o, perlomeno, di desiderio.
Sono d’accordo sul fatto che la pubblicità è l’anima del commercio, ma dal reclamizzare un prodotto ad incidere sulla personalità e – per dirla in breve – sulla sfera psicologica di una persona, il passo diventa breve e bisogna che ci fa della pubblicità non si limiti solo a starci attento, ma si imponga di evitare.
La pubblicità dovrebbe esclusivamente portare il pubblico a conoscenza dell’esistenza e della reperibilità di un nuovo prodotto e delle sue qualità, magari in modo simpatico o serio, ma non subdolo. Non dovrebbe, come molte volte purtroppo fa, dare della vita e della società una immagine sballata. Questa immagine, sballata com’è, diventa poi il metro di paragone che molte persone utilizzano normalmente.
Adesso la gran parte di quelli che stanno leggendo questo libro, si riterranno di sicuro un po’ offesi, pensando di non essere così stupidi da “farsi condizionare da una semplice pubblicità”… Però pensate, ad esempio, se avete mai provato un sentimento di invidia per qualcuno che avesse comprato proprio quella cosa che voi volevate e che – come ad esempio un nuovo modello di telefono cellulare – presto è diventato una “moda” tra i vostri amici. Io credo che quasi tutti si siano trovati in una situazione del genere.
Ora, questo sentimento di invidia – embrione della cattiveria – non è generato dal fatto che a voi quel modello di cellulare piaccia davvero; è prodotto, invece, dal fatto che la pubblicità ci ha presentato quel telefonino come una chiave necessaria per essere trendy, per potersi comportare in un determinato modo, per poter entrare dove gli altri non possono entrare.
Questo modo di fare pubblicità è un modo sbagliato di comunicare, perché non è leale con il consumatore e non lo pone su un piano di neutralità dal quale lui possa poi decidere, ma lo ipnotizza e gli fa credere che senza questo o quel prodotto la sua vita non vale nulla e la sua esistenza è finita.
A questo punto nasce nel consumatore un bisogno che è tutt’altro che naturale perché non viene dal suo animo, ma è un bisogno artificiale, creato ad hoc dalla pubblicità. Alle volte arrivo a pensare che gran parte delle cose che compriamo sia assolutamente inutile, e che lo abbiamo comprato solo perché siamo stati sapientemente convinti e manovrati da uno spot.

(tratto dal libro “Economia etica ed elementi di imprenditoria pratica”, Amedeo Pesce, 2007) Acquista su Amazon