L’illusione delle borse

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Il guadagno va realizzato nel tempo, con costanza, cura e dedizione. I patrimoni si accumulano nei decenni, si passano da una generazione all’altra e non si fanno o disfano in mezza giornata a seconda di come apre o chiude la borsa.
Si, è vero, giocare in borsa ha il suo fascino, fascino che però non va frainteso. Si tratta pur sempre di “giocare” e non di lavorare e quindi è un po’ come una scommessa, solo che è permessa, regolamentata e tutelata dallo Stato, a differenza delle scommesse clandestine.
Non si può guardare alla borsa come un mostro sacro da cui derivare il proprio comportamento, perché non è possibile che se soffia un po’ di vento a Taiwan la borsa di New York crolla e si tira giù Milano, Londra, Parigi e Francoforte. Si tratta pur sempre di un po’ di vento a Taiwan e nient’altro.
Magari è caduto qualche ramo sulla baracca di quelli che cucivano per le multinazionali ed hanno cucito qualche migliaio di scarpe in meno, ma non per questo può venire giù la Fiat. Che c’entra, direte voi? Eppure, ahimè, succede, e chi ha investito i risparmi di una vita su un’impresa che credeva sicura – tac – arriva il vento a Taiwan o a Singapore e ci perde il cinque per cento.
Fino ad ora le uniche cose che si erano mantenute sicure erano due: i titoli di Stato e le obbligazioni di imprese forti.
Adesso sono rimaste solo le prime, dato che molte volte anche le seconde vengono a mancare perché si scopre che mentre tutti fanno i grandi, nella contabilità mancano dall’attivo centinaia di milioni di euro a causa di errori contabili, di frodi ed altro.
In definitiva posso solo dire che i soldi ed il tempo sono due cose che vanno di pari passo e se uno o l’altro accelera si creano di sicuro dei grandi problemi.

(tratto dal libro “Economia etica ed elementi di imprenditoria pratica”, Amedeo Pesce, 2007) Acquista su Amazon