Il capitale iniziale necessario

Un esempio di investimento
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Il problema degli stock
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Si capisce, quindi, che non sempre iniziare un’attività significa dover avere a disposizione un grosso capitale.
E’ chiaro che quello che ho appena fatto è un esempio molto semplice e, per certi versi, un po’ troppo banalizzato; però mi sento di affermare che molte attività imprenditoriali possono essere ridotte ad un discorso simile.
Ovviamente si dovrà tenere conto di tutti i costi (come ad esempio anche quelli di costituzione di una società, delle spese di ragioneria, dell’affitto di un ufficio, ecc.) e fare, così, un prospetto molto più dettagliato. In definitiva, però, le cose stanno così.
E’ pur vero che ci sono alcune attività nelle quali è necessario investire grandi cifre, come può essere la costruzione di un palazzo piuttosto che l’acquisto di macchinari specifici per l’apertura di una fabbrica e così via.
Questi costi, per così dire maggiori, saranno giustificati dal fatto di avere a disposizione flussi di cassa comunque più ingenti, e quindi in un certo modo proporzionali all’aumento dei costi sostenuti.
Concludendo si può generalizzare, per quanto possibile, dicendo che il capitale iniziale necessario sarà proporzionale al prezzo al pubblico del prodotto che andiamo a realizzare. Così, per esempio, se vogliamo impiantare una testata giornalistica avremo bisogno di un capitale molto più basso rispetto a quello necessario per aprire un cantiere navale, questo perché il prezzo di un giornale (quotidiano, mensile o settimanale che sia) è migliaia di volte inferiore a quello di una imbarcazione.
Perché questo accade è facilmente spiegato.
Quando si vendono prodotti il cui prezzo al pubblico è più basso, è più facile che vi sia un aggiustamento delle quantità necessarie a farci superare i costi, cosa che non può accadere con i grandi stock.

(tratto dal libro “Economia etica ed elementi di imprenditoria pratica”, Amedeo Pesce, 2007) Acquista su Amazon